Contravvenzione per eccesso di velocità: le multe possono essere annullate con ricorso al Giudice di Pace se l’autovelox non è segnalato o soggetto a taratura periodica
Difendersi dall’autovelox non è così difficile come potrebbe, in prima battuta, sembrare: numerose sono, infatti, le violazioni commesse dalla polizia municipale e stradale, violazioni che si riversano inesorabilmente in vizi formali o sostanziali e che di fatto possono comportare la nullità della multa.
Questa scheda servirà a illustrare tutte le possibili tutele e le possibili linee di difesa dell’automobilista multato per eccesso di velocità.
Occhio ai termini di notifica della multa
Il primo aspetto da tenere in considerazione per quanto riguarda le multe da autovelox è il rispetto dei termini per la notifica della contravvenzione. La questione, peraltro, ha generato in passato un’aspra polemica tra le amministrazioni comunali e le associazioni a tutela dei consumatori. Vediamo il perché.
La legge stabilisce due regole molto precise in materia di notifica delle multe:
• la contravvenzione va contestata immediatamente, ossia all’atto della stessa violazione del Codice Stradale. La regola generale è dunque quella dell’obbligo, da parte della polizia, di bloccare l’auto ed elevarle il verbale, dando in questo modo al conducente la possibilità di opporre le prime difese (ad esempio: lo stato di necessità volto a salvare sé o altri da un imminente pericolo);
• qualora ciò non fosse possibile – il che capita sulle strade ad alta velocità o individuate appositamente dal Prefetto, in quanto l’arresto dell’auto diverrebbe troppo rischioso per la circolazione – la contravvenzione va notificata a casa del conducente entro 90 giorni dal fatto accertato.
Nel caso dell’autovelox – sia quando l’apparecchio sia presidiato dalla pattuglia, sia quando è lasciato all’interno dei “box” ai margini della carreggiata – è molto più frequente la seconda ipotesi: il proprietario dell’auto riceve la notifica della multa presso la propria residenza, insieme all’ordine di comunicare, nei 60 giorni successivi, il nome e cognome dell’effettivo conducente.
In particolare la multa va notificata non oltre 90 giorni dal fatto, ossia dal giorno in cui è avvenuto il passaggio dell’auto davanti all’autovelox. Diversamente la contravvenzione è nulla.
A volte, però, le amministrazioni comunali tendono a dilatare questo termine, facendolo decorrere non già dalla data della violazione, ma dal successivo momento in cui la stessa viene accertata presso l’ufficio, attraverso la visualizzazione della foto. Con questo artificioso slittamento della data di decorrenza dei 90 giorni, i Comuni cercano di rimettersi nei termini per effettuare notifiche dalle quali, invece, sarebbero decaduti.
Come è stato ormai costantemente affermato da Giudici e dallo stesso Ministero, si tratta di una interpretazione capziosa, che non trova alcun appiglio nella legge.
Per verificare il rispetto dei 90 giorni, il multato non dovrà far altro che leggere il verbale che gli è stato recapitato: in esso deve essere indicata la data e il luogo dell’infrazione. Quindi dovrà verificare la data in cui l’amministrazione ha affidato la raccomandata all’Ufficio postale per la consegna. Tra questi due giorni non deve intercorrere un tempo superiore, appunto, a 90 giorni.
L’autovelox dev’essere stato sottoposto a taratura
Un secondo aspetto interessante nella difesa dell’automobilista è la verifica del rispetto della taratura periodica degli autovelox. Questa circostanza, che non era inizialmente prevista dalla legge, è stata introdotta dalla Corte Costituzionale con una sentenza dello scorso anno. In particolare i giudici della Consulta hanno dichiarato parzialmente incostituzionale il Codice della Strada nella parte in cui non prevede l’obbligo di periodica taratura degli apparecchi di controllo elettronico della velocità. La ragione è abbastanza semplice: con il continuo uso e spostamento di tale strumentazione, facile è che la stessa si “sfasi”, divenendo imprecisa e non puntuale. Ecco pertanto che gli autovelox vanno sottoposti a una revisione costante, in modo da accertarne la regolare funzionalità.
La verifica degli autovelox deve avvenire almeno una volta l’anno, in base a quanto stabilito dai decreti ministeriali di omologazione, che a loro volta rimandano al manuale di istruzioni fornito dall’azienda produttrice.
Ma come stabilire se l’autovelox è stato sottoposto a taratura? Tale circostanza va indicata sul verbale, che dovrà riportare il modello di autovelox e le date in cui esso è stato sottoposto a verifica. Tuttavia al di là che quanto scritto sulla multa potrebbe non essere vero, la mancanza di tali indicazioni non comporta la nullità del verbale. Pertanto, il cittadino ha diritto a verificare l’esistenza dei certificati di revisione periodica, facendo apposita richiesta di accesso agli atti amministrativi, cui la P.A. deve rispondere entro 30 giorni (la mancanza di risposta è impugnabile al TAR, ma – per importi di questo tipo – si sconsiglia dall’avventurarsi in tali contenziosi).
La richiesta di accesso agli atti non sospende i termini per presentare ricorso al giudice (30 giorni dalla notifica della multa), sicché, in scadenza di questi ultimi senza che sia stata ricevuta risposta dall’Ente, sarà bene depositare ugualmente l’impugnazione davanti al giudice. In tale sede, infatti, al cittadino multato spetta solo sollevare l’eccezione di difetto di revisione; compete poi all’Amministrazione resistente dare la prova contraria, depositando gli originali dei relativi verbali con cui si dà atto del controllo periodico.
Qualora non dovesse esservi prova della taratura, la multa deve essere annullata dal giudice.
La comunicazione dei dati del conducente
Il conducente che riceva la multa per superamento dei limiti di velocità senza contestazione immediata, deve anche comunicare, entro i 60 giorni successivi, il nome dell’effettivo conducente dell’auto al momento della violazione: questo adempimento serve per poter decurtare i punti della patente solo a quest’ultimo e non al proprietario del mezzo qualora non dovesse esservi coincidenza tra i due soggetti (si pensi al caso del datore di lavoro che dia in prestito la propria auto a un dipendente o al babbo che la lasci temporaneamente al figliuolo).
L’obbligo di comunicare i dati dell’effettivo conducente deve essere sempre rispettato, anche nel caso in cui il trasgressore sia lo stesso titolare del mezzo o un suo diretto familiare. Non si scappa dall’obbligo neanche se si ha intenzione di procedere a impugnare la multa davanti al giudice (salvo qualche rara sentenza che ritiene, in questo caso, l’adempimento non necessario).
L’autovelox deve essere preceduto dalla segnaletica
È nulla la multa per eccesso di velocità elevata con autovelox se la presenza dell’apparecchio elettronico non è segnalata in anticipo da un apposito cartello stradale. Ciò vale sia per le postazioni fisse che per quelle mobili, collocate con il tradizionale piedistallo o all’interno della volante della polizia. La segnalazione, però, è obbligatoria solo per gli autovelox che funziono da “fermi” (siano essi fissi o mobili). Non c’è obbligo di segnaletica per gli autovelox che possono operare anche “in movimento” ossia utilizzati dentro l’auto della polizia mentre circola sulla strada.
Il verbale con la multa deve dare atto della presenza di tale segnaletica, a pena di nullità.
Tale segnaletica deve essere ben visibile, non nascosta dalla vegetazione o da altre insegne, né allocata in prossimità di curve strette che la rendano difficilmente individuabile. Deve essere inoltre collocata dopo l’ultima intersezione: in caso, infatti, di incroci o di confluenze con altre strade, è necessario che il cartello venga ripetuto.
Il cartello che avvisa la presenza dell’autovelox deve specificare se si tratta di apparecchio fisso o mobile, se si tratta di tutor o autovelox.
Per quanto riguarda le distanze minime da rispettare, in base a quanto affermato da una circolare ministeriale il cartello con l’avviso deve essere posto a non meno di:
• 250 metri dall’apparecchio in caso di autostrade o strade extraurbane principali.
• 150 metri dall’apparecchio in caso di strade extraurbane secondarie o urbane ad alto scorrimento;
• 80 metri dall’apparecchio in tutti gli altri casi;
• 1 km nel caso di postazioni fisse automatiche installate fuori dai centri abitati.
Alcune sentenze di Giudici di Pace fanno però riferimento a una distanza minima di 400 metri dalla postazione. La questione è ancora incerta perché mai disciplinata da una norma ed è pertanto soggetta a circolari ministeriali e interpretazioni. Certo è che è necessario garantire un ragionevole spazio in modo da consentire al conducente di rallentare.
Quanto invece alle distanze massime, il cartello non può essere posto a più di 4 chilometri dalla postazione. Pertanto, al 4° km, il cartello dovrà essere ripetuto, altrimenti la multa è nulla.
Anche la Polizia deve essere visibile
Non basta la sola presenza del cartello con la preventiva segnalazione della postazione di controllo. Infatti, secondo la giurisprudenza maggioritaria (contraddetta da qualche rara pronuncia di merito) la multa con l’autovelox è nulla se la polizia è nascosta e non visibile dagli automobilisti.
Questo significa che gli agenti non possono nascondersi nella vegetazione o farsi “scudo” con altre macchine civetta o, in piena notte, tenere le luci spente.
Il Ricorso
Contro la multa è consentito il ricorso al:
• Giudice di Pace entro 30 giorni dalla notifica
• Prefetto, entro 60 giorni dalla notifica. Contro il rigetto del Prefetto è consentito il ricorso al giudice di Pace nei 30 giorni successivi. In caso di mancata risposta del Prefetto entro 180 giorni, il ricorso si considera accolto.
Equitalia: termini di notifica della cartella
Chi non paga la multa per autovelox o non fa ricorso entro il termine di 30 giorni al giorni non può più presentare opposizione contro la successiva cartella di pagamento che verosimilmente l’Agente per la riscossione (Equitalia in prima linea) gli notificherà.
La cartella esattoriale si prescrive nel termine di cinque anni. Dopo tale termine “scade” e non deve essere più pagata.