A causa della situazione di emergenza sanitaria connessa al Coronavirus, nelle ultime settimane si è diffuso tra le aziende italiane (tanto pubbliche che private) un fenomeno che ha richiesto l’intervento del Garante Privacy. Ovvero la diffusione di questionari, indagini interne nonché vere e proprie procedure interne volte a verificare lo stato di salute dei clienti, fornitori e dipendenti e dei loro familiari, i soggetti con cui questi son entrati in contatto, gli spostamenti che quest’ultimi hanno effettuato nelle ultime settimane.
Ciò ha necessariamente determinato una presa di posizione del Garante, il quale ha invitato, in maniera inequivocabile, i datori di lavoro ad astenersi dall’adottare iniziative private al fine di raccogliere dati e informazioni sullo stato di salute dei lavoratori e loro spostamenti.
Nello specifico il Garante, con nota del 2 marzo 2020, visionabile al seguente link, ha invitato i datori di lavori ad “astenersi dal raccogliere, a priori e in modo sistematico e generalizzato, anche attraverso specifiche richieste al singolo lavoratore o indagini non consentite, informazioni sulla presenza di eventuali sintomi influenzali del lavoratore e dei suoi contatti più stretti o comunque rientranti nella sfera extra lavorativa.
La finalità di prevenzione dalla diffusione del Coronavirus deve infatti essere svolta da soggetti che istituzionalmente esercitano queste funzioni in modo qualificato.
L’accertamento e la raccolta di informazioni relative ai sintomi tipici del Coronavirus e alle informazioni sui recenti spostamenti di ogni individuo spettano agli operatori sanitari e al sistema attivato dalla protezione civile, che sono gli organi deputati a garantire il rispetto delle regole di sanità pubblica recentemente adottate.”
Pertanto, qualsiasi attività di indagine interna predisposta di propria iniziativa dal datore di lavoro che preveda di prendere e raccogliere informazioni circa i lavoratori che si ritiene siano potenzialmente entrati a stretto contatto con soggetti terzi positivi a Covid-19, indagando anche sui luoghi e sui contatti da questi avuti, è un trattamento illecito.
Il Garante, ha però stabilito che il datore di lavoro privato può, per analogia, applicare nei confronti dei propri dipendenti quanto previsto dalla Direttiva del Ministero della Pubblica Amministrazione nei confronti dei dipendenti pubblici, ovvero, in sintesi:
- privilegiare modalità flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa, favorendo tra i destinatari delle misure
- i lavoratori portatori di patologie che li rendono maggiormente esposti al contagio
- i lavoratori che si avvalgono di servizi pubblici di trasporto per raggiungere la sede lavorativa
- i lavoratori sui quali grava la cura dei figli a seguito dell’eventuale contrazione dei servizi dell’asilo nido e della scuola dell’infanzia
- obblighi informativi dei lavoratori. I dipendenti, qualora provengano da una delle aree di cui all’allegato 1 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 01 marzo 2020 o che abbiano avuto contatto con persone provenienti dalle medesime aree, sono tenuti a comunicare tale circostanza al datore di lavoro ai sensi dell’articolo 20, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.81, anche per la conseguente informativa all’Autorità sanitaria competente ai fini della salvaguardia della salute del luogo di lavoro.
A riguardo il datore di lavoro può predisporre canali dedicati (indirizzo e-mail, numero telefonico o altro) per agevolare le modalità di comunicazione da parte del lavoratore.
- Adottare misure di prevenzione ed informazione. Negli uffici adibiti al ricevimento o in generale nei locali frequentati da soggetti esterni, le misure di prevenzione già diffusamente comunicate.
Infine, “permangono altresì i compiti del datore di lavoro relativi alla necessità di comunicare agli organi preposti l’eventuale variazione del rischio “biologico” derivante dal Coronavirus per la salute sul posto di lavoro e gli altri adempimenti connessi alla sorveglianza sanitaria sui lavoratori per il tramite del medico competente, come, ad esempio, la possibilità di sottoporre a una visita straordinaria i lavoratori più esposti.
Nel caso in cui si verifichino casi di lavoratori positivi, sarà l’autorità sanitaria a comunicare le modalità e tempistiche di comunicazione agli altri dipendenti.
“Nel caso in cui, nel corso dell’attività lavorativa, il dipendente venga in relazione con un caso sospetto di Coronavirus, lo stesso, anche tramite il datore di lavoro, provvederà a comunicare la circostanza ai servizi sanitari competenti e ad attenersi alle indicazioni di prevenzione fornite dagli operatori sanitari interpellati.” In questo caso, le comunicazioni effettuate all’interno dell’azienda ad altri dipendenti, ovviamente solo su indicazione delle autorità, non costituisce violazione della privacy in quanto si agisce per finalità di interesse pubblico.