È possibile installare videocamere di sorveglianza in un condominio? E se si, a chi spetta la decisione? Dove e come devono essere installate? Il singolo condomino può installare una videocamera senza il consenso dell’assemblea condominiale?
Queste sono solo alcune delle molte domande che spesso ci si pone quando si affrontano questioni particolari com’è l’installazione di videocamere di sorveglianza in aree interne od esterne ai condomini.
Le stesse domande poi sorgono quando ci si accorge che il vicino di casa ha installato delle videocamere il cui angolo di visuale punta verso la propria abitazione.
Vediamo quindi di darne una risposta.
La videosorveglianza disposta dal condominio
Innanzitutto è bene ricordare che a seguito della riforma del condominio, L. n. 220/2012, il legislatore si è occupato per la prima volta degli impianti di videosorveglianza sulle parti comuni introducendo il nuovo art. 1122-ter c.c.
Con tale disposizione, il legislatore ha disciplinato la liceità dell’installazione degli impianti di videosorveglianza da parte dell’assemblea del condominio, stabilendo che il quorum per la validità delle deliberazioni deve corrispondere alla maggioranza di cui al secondo comma dell’art. 1136 c.c., ovvero un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.
Una volta deliberata l’installazione, le modalità e l’acquisizione delle riprese degli spazi condominiali dovranno rispettare, ovviamente, le indicazioni dettate dal Codice della privacy e dal provvedimento generale del Garante in tema di videosorveglianza.
Tra gli obblighi vi è innanzitutto quello di segnalare le telecamere con appositi cartelli, inoltre le registrazioni possono essere conservate per un periodo limitato tendenzialmente non superiore alle 24-48 ore, anche in relazione a specifiche esigenze come la chiusura di esercizi e uffici che hanno sede nel condominio o durante periodi di festività.
Se si vuole conservare le registrazioni per periodi superiori ai sette giorni è comunque necessario presentare una verifica preliminare al Garante.
L’angolo di visuale delle videocamere devono poi puntare ad aree comuni o ad uso comune (aree di accesso, garage, ecc.) evitando i luoghi circostanti e che non risultino rilevanti (strade, esercizi commerciali, altri edifici, ecc.) e certamente escludendo aree private o ad esclusivo uso privato dei singoli condomini. Infine è necessario che il condominio adotti idonee e preventive misure di sicurezza per la raccolta e conservazione dei dati ed immagini raccolte consentendone l’accesso alle sole persone autorizzate.
L’attività di videosorveglianza del singolo condomino.
Nel caso in cui l’installazione di sistemi di videosorveglianza venga effettuata dal singolo condomino, per fini esclusivamente personali, non è applicabile il Codice Privacy qualora i dati raccolti non vengano comunicati sistematicamente a terzi o diffusi.
Ciò nonostante, è comunque necessario adottare cautele volte a tutelare i terzi ( sicurezza dei dati raccolti).
Pertanto, il singolo condomino può liberamente installare strumenti di videosorveglianza (quali videocitofono, videocamere) idonei a identificare coloro che si accingono ad entrare in luoghi privati o volti a sorvegliare immobili privati o pertinenze anche all’interno di condomini (posti auto e box auto).
Il Garante Privacy ha però chiarito nel noto provvedimento dell’ 8 aprile 2010 che sebbene non trovi applicazione la disciplina del Codice Privacy, è bene adottare alcuni accorgimenti nell’installazione di detti strumenti di sorveglianza.
L’angolo di visuale delle riprese deve essere comunque limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza escludendo così ogni ripresa di aree comuni (garage comuni, scale, cortili, accessi comuni) ed escludendo aree antistanti l’abitazione di altri condomini.
In caso di violazione di tali prescrizioni quali sono le conseguenze?
Nel caso in cui un vicino di casa orienti la videocamera verso aree private (giardini, terrazze, finestre) o lo stesso condomino riprenda aree comuni senza la suddetta autorizzazione dell’assemblea , vi è il rischio di incorrere nel reato di interferenze illecite nella vita privata previsto ex art. 615 bis c.p. oltre all’eventuale risarcimento danni ai singoli soggetti danneggiati.